Sono una lottatrice, lo sono sempre stata.. solo che adesso ho perso un po' la mia solita grinta.
Sono Michela Ricci Malerbi, e sono affetta da sindrome di Ehler Danlos. La mia è una storia un po' lunga e tormentata, e voglio raccontarvela.
Tutto è cominciato all'età di 11 anni, quando mi diagnosticarono una banale scoliosi. Mi prescrissero subito il busto Lionese, per 20 ore al giorno per i successivi anni (allora ancora da definire). Benedetta l'ingenuità dei bambini, iniziai a portare quel busto (all'epoca soprannominato “ciospo” dalla mia migliore amica) con grande costanza e determinazione.
Sembravo rispondere molto bene alla terapia che prevedeva, anche, l'assidua frequentazione di una palestra in cui si faceva ginnastica posturale. Sono passati 7 anni, in cui la mia schiena continuava a
peggiorare grado per grado, ma senza grandi colpi di scena.
Ad un certo punto, il peggioramento è stato netto. In tre mesi la mia curva si è accentuata del doppio e abbiamo iniziato a guardarci intorno in cerca di un eventuale chirurgo. E lo abbiamo trovato a Schio, in provincia di Vicenza. Li, con un'attesa di poco meno di un mese, il 4 febbraio del 2010
mi ha operata di artrodesi toraco-lombare: otto ore di intervento, 14 chiodi e due barre in titanio a farmi compagnia, ma con un grande sorriso perché avevano detto che “sarebbe stato l'ultimo grande passo”.
In effetti tutto andò bene, il recupero fu molto rapido e in poco tempo sono tornata ad arrampicare, e ho ripreso in mano la mia vita.
Tutto sembrava andare per il verso giusto e, per ben 3 anni, mi sono goduta la mia bella vita con una nuova e drittissima schiena.
I problemi, però, come ben sapete, sono sempre dietro l'angolo.. dopo circa 3 anni dal mio primo intervento sono comparsi tanti dolori.
La schiena era tutta dolente e infiammata sia al tatto che al movimento: attorno ad ogni vite erano comparse borsiti reattive che provocavano forti fitte e impossibilità nei movimenti. Figuratevi che era impossibile pettinarmi e sopportare anche solo il gancetto del reggiseno.. dopo tanti tentativi per alleviare il dolore tra mesoterapia, infiltrazioni, massaggi e agopuntura, siamo arrivati al secondo intervento il 10 gennaio del 2013.
solita storia: “vedrai, dopo questa abbiamo finito, e sarà un intervento tranquillo”. Anche il secondo, invece, è stato un intervento molto invasivo: hanno dovuto rompere l'osso di banca che aveva creato la fusione ossea in modo da poter eliminare tutti i mezzi di sintesi precedentemente inseriti. Il dolore che subii, oltre al taglio di 40 cm per la lunghezza della colonna e dei muscoli sottostanti, è stato simile a quello di una frattura ossea. Inoltre arrivavo da un periodo di grande stanchezza sia fisica che morale.. quindi il tutto era già abbastanza faticoso.
la mamma dice sempre “stringi i denti e tira fuori le palle, combatti, ma con il sorriso” e cosi ho fatto.
Mi sono ripresa dal secondo intervento al rachide, con un po' più di stanchezza rispetto al primo, ma con grande voglia di chiudere quel capitolo della mia vita.
Purtroppo, però, i problemi non erano finiti qui.
Subito la mia schiena ha iniziato a riprendere la sua curva, si muoveva di giorno in giorno e i medici, allibiti, pensavano essere impossibile. La schiena, infatti, era stata “fissata” con osso di banca e, quindi, secondo loro non avrebbe dovuto peggiorare ulteriormente e in quel modo.
Parallelamente, sono comparsi violenti sintomi neurologici: tremori continui, nausea improvvisa, auree visive, cefalee, insensibilità al tatto, mancata percezione degli arti.. insomma.. una grande paura ci ha assalito.
Io e la mia famiglia non sapevamo dove sbattere la testa e uno dei tanti medici che mi aveva in cura, mi consigliò di fare una risonanza magnetica al rachide e all'encefalo.
Abbiamo trovato una situazione che, fino a quel momento, non avevamo considerato: trovarono la sindrome di Chiari al cervelletto e una siringomielia importante a livello toracico.
Il percorso per la “ricerca del medico giusto” fu lunga anche in questo caso, ma trovammo fortunatamente, un centro che si occupava esattamente di questa sfera neurologica collegata alla scoliosi.. e volammo a Barcellona.
È proprio li che mi hanno diagnosticato la sindrome del “filum terminale”, ovvero il midollo, per malformazione (genica?) era rimasto ancorato al sacro e, con la crescita, continuava a causare trazione su tutto il midollo, provocando scoliosi, siringomielia e malformazione di Chiari.
Finalmente il circolo si chiude? Sembrava proprio cosi, in un italiano un po' spagnoleggiante mi avevano detto “dopo questo puoi tirare un sospiro di sollievo, finalmente hai finito!”.
Sono stata operata a Barcellona nel settembre del 2013.
i sintomi neurologici erano scomparsi subito dopo il risveglio dall'intervento, ma purtroppo la scoliosi continuava a peggiorare.
Per mantenere il più possibile fissa la schiena, le possibilità erano poche. Si trattava di una schiena adulta e operata due volte, quindi gli ortopedici di Bologna e di Vicenza, mi hanno inviato a Cheffield in Inghilterra, per provare un nuovo busto.. ma fu l'ennesimo buco nell'acqua.
Intanto, la mia situazione di salute generale lasciava a desiderare: l'inattività fisica mi aveva portato ad avere un ipotonia muscolare generalizzata, le mie articolazioni soffrivano continuamente fino a che hanno iniziato a fuoriuscire dall'asse.
Prima sono partita solo da lussazioni frequenti delle spalle (senza accusare dolore) poi mandibola, anche, ginocchia, caviglie, polsi.. le hanno seguite a ruota libera, accompagnate da un dolore diffuso e lancinante.
Sono stata in cura per il dolore per tanto tempo con oppiacei e qualsiasi antidolorifico possibile.. ma il dolore, diventato insopportabile, limitava molto la mia vita.
Siamo arrivati ad una “conclusione” dopo 11 anni dall'inizio della mia storia: sono affetta da sindrome di Ehler Danlos della sottospecie Ipermobile. Per ora non c'è cura, non si sa la causa, ma sappiamo che proprio questa patologia è stata la causa di tutto il mio viaggio.
La mia sarà una convivenza difficile con questa malattia per tutta la vita (sperando che arrivi il prima possibile una speranza per tutti quelli come me). Con questa lettera voglio condividere la mia storia con voi, cercare persone come me che sono affette da questa sindrome e sapere come conducono la loro vita. Non voglio lamentarmi e non sono la persona che vuole sentirsi dire “poverina, mi dispiace”, anzi! Voglio essere “d'esempio” e di aiuto per radunarci tutti! So che siamo in pochi, so che ogni paziente ha sintomatologia e terapia diversa, ma voglio cercare di unirci.
Non siamo soli, non voglio pensare di essere sola, possiamo essere una squadra ed supportarci a vicenda!
Aiutatemi a vincere Ehler Danlos! Insieme si può, dobbiamo farcela e ce la
faremo!
Michela